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Il tema della Protezione Civile in particolare legato alle periodiche emergenze sul territorio è ormai agli onori delle cronache. Uno dei motivi principali è quello legato agli effetti del clima che, come vediamo, si manifesta attraverso eventi estremi per ogni fenomenologia atmosferica e in ogni stagione. A queste si aggiungono le emergenze legate all’attività sismica ed altre di varia natura. L’amplificazione di tali effetti sono dovuti alla grande vulnerabilità che presenta il nostro territorio fortemente urbanizzato.

La sua parte la fa anche l’informazione che spesso esaspera in tutte le forme di comunicazione tali situazioni e i relativi scenari. Invece uno degli aspetti che andrebbe valorizzato è quello della condivisione delle informazioni e dei dati in modo organizzato, con la collaborazione di tutti i cittadini che possono diventare essi stessi attori e risorsa.

A vent’anni dalla nascita del Sistema Nazionale di Protezione Civile, si può cominciare a trarre un bilancio basato sulle grandi esperienze passate con una riflessione su quelle che potranno essere le migliorie da apportare a questo modello.

I principi ispiratori della legge 225/92 che istituisce il Sistema Nazionale di Protezione Civile trovano fondamento nei concetti del Metodo logopcnAugustus nel quale si afferma che “il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose”, il che sta a significare che specie per i grandi eventi, ma non solo, non si può essere mai nelle condizioni di poter pianificare nei minimi particolari un possibile scenario in quanto questo poi si presenterà sempre in modo diverso da come è stato previsto. Questo fa pensare che le risorse materiali ed umane in campo saranno sempre insufficienti a fronteggiare l’entità e l’imprevedibilità degli eventi. Scendendo al livello comunale, in mancanza di un piano di protezione civile, oppure in presenza di esso ma con una bassa conoscenza di questo da parte dei cittadini, i successi sono sempre stati scarsi.

A fronte di ciò oggi, il passo che si ritiene necessario è quello di una ancor maggiore educazione, conoscenza e percezione dei rischii, sviluppando in tal senso oltre a quelli che sono dei piani di autoprotezione, una vocazione ad essere “cittadini sensori” attivi e partecipativi. Di tale necessità, in particolare, se ne avvertirebbe l’opportunità nelle medie e grandi città, laddove si riscontra diversamente che nei paesi, una scarsa resilienza ai disagi in particolare conseguenti alle calamità ambientali.

Per Protezione Civile 2.0 si vuole intendere una forma collaborativa di gestione delle emergenze da parte di ogni cittadino che, insieme alle istituzioni, alle Componenti e ai gruppi di volontariato, diventa esso stesso risorsa del sistema. Per questo ci si può valere in modo costruttivo anche delle moderne tecnologie di comunicazione a disposizione ormai di tutti.

Nelle fasi di intervento in emergenza, la localizzazione del danno sul territorio da parte delle strutture deputate al soccorso ha compiuto passi molto in avanti ed è arrivata ad un buon livello. Mentre ancora si sta lavorando a quelli che sono i “sistemi di preallarme” i cosidetti “Early warning“, che nel caso di eventi sismici sono particolarmente complessi, data la tempistica in gioco. Tutto ciò però non ha avuto un parallelo di collaborazione da parte del cittadino per diversi motivi, alcuni dei quali comprensibili, tra cui quello culturale e di digital divide.

Un passo in avanti oggi è già possibile, grazie anche all’affermazione del modello dell’Open Data da una parte e da forme sempre più semplici ed accessibili di comunicazione come Twitter. Basti pensare che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha affidato a tale strumento la sperimentazione del Servizio di informazione sui terremoti, in “tempo quasi reale”.

La soluzione a questi tipo di problematiche sta in una integrazione delle tecnologie al momento esistenti, con la creazione di piattaforme informative di comunicazione all’interno di geoportali. Distinguendo una parte relativa al coordinamento dell’informazione e dei dati spaziali, da una collaborativa e visualizzativa.

Questi concetti sono stati affontati in un progetto pilota sviluppato dal Centro Intercomunale di Protezione Civile – Colline Marittime e Bassa Val di Cecina, incentrato molto sugli aspetti comunicativi. Un valido strumento web che ci permette di rendere possibile l’operazione di geolocalizzazione di segnalazioni, di fenomenologie con la creazione di mappe condivise è Ushahidi, un progetto Open Source sviluppato in Africa, che basa i suoi concetti sul Crowdsourcing che in tal caso si definisce come Crowdmap. Ushaihidi è stato impiegato in emergenze di carattere internazionale come le rivolte in africane e il terremoto ad Haiti e molte altre situazioni di crisi. Anche in altri progetti italiani di informazione condivisa si è fatto ricorso a questo strumento e sono qui raccolti.

Chi ha il compito di gestire la mole di dati geospaziali sensibili condivisi da tutte le Componenti del Sistema, ha la necessità di utilizzare un applicativo web particolarmente robusto, che abbia la capacità di sopportare in momenti critici di grande flusso di traffico informativo, un’enorme multiutenza. Questo deve anche operare attraverso gli Standard OGC.

Google ha da poco attivato sperimentalmente una nuova funzione rivolta alle emergenze, al momento attiva solo per il territorio statunitense, ma con l’obiettivo di svilupparla per tutti i paesi: Google Public Alert.

Naturalmente quanto detto non può prescindere, come già accennato in partenza, del valore della formazione sulla cultura e dei rischi, che deve entrare a far parte al pari di una sensibilità ambientale, come forma di educazione civica sin dalla tenera età scolare. Questo percorso porta ad un naturale sviluppo di comportamenti di autoprotezione e di organizzazione condivisa. I diligenti bambini giapponesi con i loro caschetti colorati, pronti a mettersi sotto il banco in caso di scossa di terremoto, devono far riflettere.